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lunedì 9 agosto 2010

Capitolo 4: considerazioni e avvenimenti storici nell'area Tordino - Vomano

Ringrazio ancora l'amico Franco Sbrolla che ci invia questo quarto articolo molto interessante per la storia e per la cultura del nostro territorio.
Un post per capire meglio, a prescindere dal colore politico dell'Amministrazione in carica, come a parole si sostengano delle posizioni ma con i fatti ci si comporti diversamente...Grazie di cuore!
Luca

Capitolo 4: La Marina di Montepagano, il Lido delle Rose ed i sub-comparti di viale Makarska

Dai vari libri dello storico rosetano Raffaele D’Ilario si rileva che, dopo Le Quote, ci fu la seconda quotizzazione ad opera di Domenico Ponno, il quale mise in vendita un terreno di circa 6 ettari “al solo scopo di doversi edificare oltre 100 Casini e Ville”.

A tal proposito, un caro amico mi ha fatto pervenire la copia di un manifesto dell’Agosto 1877, firmato dall’ing. Tito Clemente, in cui il sindaco dell’epoca, Achille Mezzopreti, capofila di un Comitato promotore formato da uomini rappresentativi (come il patriota Ciro Romualdi ed il senatore Giuseppe Devincenzi), auspicava la formazione di una nuova borgata.

Nel promuovere la vendita di piccoli lotti, il Comitato così si esprimeva: “Già da parecchi anni si lamenta la insufficienza di abitazioni al tempo di bagni nella Marina di Montepagano, alla quale l’amenità del sito, la salubrità dell’aria, la bontà della spiaggia formata da sottilissime arene e dolce declivio che la rende piacevole e sicura, la modica spesa di soggiorno e la vita libera e gaia attirano gran numero di bagnanti e villeggianti sì da questa che da altre Province”.

Dopo il cambio di denominazione da Le Quote a Rosburgo, a volere la nuova frazione “modernamente civile” fu Giovanni Thaulero (1860 – 1905), il mecenate che finanziò la prima illuminazione pubblica e le altre opere sociali, dopodiché la borgata iniziò a primeggiare tra le stazioni balneari limitrofe.

Divenne in seguito famosa come Lido delle Rose, in quanto le bianche case, le ville patrizie, il lungomare ed i viali erano tutti contornati da roseti ed oleandri, ed attirò i personaggi più in vista nelle Istituzioni, nell’arte e nelle lettere, che ne fecero il loro abituale luogo di soggiorno estivo.

E’ stato poi il giornalista Luigi Braccili a raccogliere, nel prestigioso volume “Roseto nella cultura italiana ed europea” (adornato di stupende iconografie concesse dal collezionista Luciano Di Giulio), tanti bellissimi saggi di rosetani ed ospiti di riguardo, che possono essere considerati, come ha scritto il prof. Adelmo Marino nella sua Introduzione, “una dichiarazione d’amore a più mani”, e che hanno contribuito a far conoscere il nostro paese dentro e fuori i confini d’Italia.

Nomi diventati eccellenti nel panorama letterario, come Camillo Barbarito, Vincenzo Filippone Thaulero, Luigi Illuminati, Margaret Mazzantini, Federico Mola, Mario Moretti, Nerino Rossi, Michail Nikolaevic Semenov, Enzo Siciliano, Beatrice Testa.

Le loro opere hanno ottenuto significativi riconoscimenti ed hanno vinto, più volte, premi importanti, quali il Premio Strega, Campiello, Viareggio, Rapallo, Ca’ Foscari, Napoli, Amsterdam, …

E bene ha fatto l’Amministrazione comunale a riportare, nel manifesto augurale per il 150° compleanno di Roseto, una frase del libro di Enzo Siciliano “Mia madre amava il mare”, che fa riferimento alla nostra spiaggia. E’ pur vero, però, che anche un manifesto augurale può avere il suo rovescio, e, purtroppo, il sindaco Di Bonaventura, forse non conoscendo tutti gli scritti dell’insigne romanziere e critico d’arte di origini calabresi, ha così commentato: “… una frase di un grande intellettuale e scrittore che, in poche parole, ha il pregio di rendere benissimo l’immagine della nostra amata città”.

Sennonché, proprio Enzo Siciliano, quando la furia devastatrice del cemento cominciò a distruggere il Lido delle Rose e la Marina di Montepagano, si sfogò, da par suo, sulla prima pagina di Repubblica. E bollò, in un articolo dal titolo “Geometri dell’orrore”, i responsabili delle speculazioni edilizie nell’Italia che aveva ancora “la grazia dell’architettura spontanea, specie negli angoli che sembravano isolati dalla storia, che erano i più belli, la Calabria sul Tirreno, le coste d’Abruzzo …”, aggiungendo poi (vi ricordate “Mani sulla città” di Francesco Rosi?, in cassetta si trova facilmente: vale la pena ripassarselo).

Parole scolpite nel marmo e dedicate ai genieri di allora ed a coloro che hanno seguito l’esempio.

Nelle ultime pagine di “Roseto nella cultura italiana ed europea”, il giornalista Braccili ha voluto evidenziare alcuni giudizi sui “mostri sacri” di origine controllata: Pasquale e Raffaello Celommi (i pittori della luce) e Pier Giuseppe Di Blasio (l’artista di un sogno antico).

Nei loro capolavori c’è tutto il meraviglioso scenario della terra nativa, ed in quelle cornici piene di fascino, i rosetani autentici ritrovano tuttora, in una ideale simbiosi, le radici, l’identità, le tracce dei nostri avi e i dolci colori della memoria. A fronte di tanta arte e cultura, c’è stata la pochezza dei nostri Amministratori, i quali non hanno voluto difendere l’inestimabile patrimonio naturalistico e paesaggistico, che Madre Natura, con molta benevolenza, ci aveva affidato.

La disinvolta politica del territorio, finalizzata ad uno sviluppo interamente cementizio, ha poi favorito lo scempio che si sta consumando con i tre sub-comparti di viale Makarska, un cumulo di palazzoni e casermoni che ha raccolto l’unanime esecrazione da parte dei rosetani e dei turisti.

Quando i tre progetti, sostenuti da una ben orchestrata campagna mediatica, approdarono in Consiglio comunale all’inizio di settembre 1998, e furono approvati a larga maggioranza, il sindaco Nicola Crisci espresse molta soddisfazione.

Diametralmente opposto il giudizio dell’ex-sindaco Pasquale Calvarese, il quale votò contro ritenendo i progetti: “un eclatante atto di rinuncia al perseguimento del pubblico interesse, un regalo miliardario fatto ai privati attraverso il depauperamento delle proprietà comunali, nell’ambito di proposte di lottizzazione caratterizzate da forzature procedurali, disomogeneità, confusione urbanistica e privatizzazione”.

Dieci anni dopo, nel 2008, mentre ruspe e betoniere erano ancora in azione, lessi un articolo sui lavori in corso, e mi colpirono alcuni passaggi, pienamente condivisi, che riporto qui di seguito: “Gli scheletri di cemento armato deturpano l’ultima oasi di verde sul mare di Roseto, strane creature che stanno modificando il colpo d’occhio paesaggistico di una città marinara, tra storie di ambiguità urbanistiche, indifferenza dei cittadini e burocrazia indefinita… L’orrore della colata di cemento con relativa aggressione al mare non ha fine nonostante le Bandiere Blu sventolino nel vicino stabilimento... Per immaginare quanto cemento stanno rovesciando a pochi metri dalla spiaggia basta prendere a paragone quella che fu Punta Perotti a Bari e moltiplicare credo, per almeno dieci volte i suoi metri cubi. Solo che il mostro barese è stato abbattuto, gli spaventosi mostri della Rosburgo invece sono in costruzione… C’è bisogno più che mai che a Roseto si prenda coscienza che la macchina turistica per essere sostenuta non ha bisogno di nuovi posti letto, ma di rimettere in sesto i percorsi collinari, vergognosamente abbandonati e sporchi, di iniziare a valorizzare aree come l’oasi del Borsacchio, di pensare alla creazione di piste ciclabili, di ristrutturare il romantico pontile a mare, il porticciolo quasi abbandonato, di aprire un dibattito sulla necessità di una variante alla nazionale che avvelena la città con le sue emissioni di anidride carbonica…”.

Se poi qualcuno volesse avere qualche ulteriore riferimento su Punta Perotti, soccorre un commento de Il Sole-24 Ore, pubblicato il 31 marzo 2006, nel quale si racconta la storia dei tre palazzoni, denominati “la saracinesca” perché chiudevano alla vista un’ampia fetta di mare.

Iniziata nel 1987, l’odissea di quella lottizzazione, che aveva violato la legge Galasso in quanto non rispettava la distanza regolamentare di 300 metri dal mare, si concluse il 2 aprile 2006 con la prima implosione dei 300 appartamenti, alla presenza di 250 giornalisti e di tante emittenti tv che riportarono l’avvenimento in tutte le parti del mondo.

Ed è motivo di profonda riflessione constatare che la distanza tra la battigia ed il fronte delle costruzioni è di soli 50 metri, per dei sub-comparti che hanno già beneficiato di un bonus di incremento in altezza da 13,50 a 17,50 metri.

Ciononostante sembra proprio, attraverso le intenzioni manifestate dal Sindaco e dall’Assessore all’Urbanistica, e grazie al contributo progettuale, generosamente ripagato, del prof. architetto Gianluigi Nigro, che la devastazione di viale Makarska possa essere esportata ancora più a nord, all’interno della Riserva naturale Borsacchio

Franco Sbrolla

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