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giovedì 24 giugno 2010

Capitolo 2: considerazioni e avvenimenti storici nell'area Tordino - Vomano

Ringrazio l'amico Franco Sbrolla che ci invia questo secondo articolo molto interessante per la storia e per la cultura di Notaresco.
Ci porta alla scoperta di un personaggio straordinario che ha aiutato a far crescere Roseto ma notareschino DOC.
Oggi ricordiamo Giuseppe Devincenzi, più volte ministro.

Grazie di cuore!
Luca

La storia di Roseto e della Riserva naturale Borsacchio
Capitolo 2: Giuseppe Devincenzi, la casa verde, la villa, la Cantina e il parco a mare.

Tra le poche costruzioni che mutarono l’aspetto del tratto di costa, che va da Cologna spiaggia al torrente Borsacchio, sono degne di menzione la casa Mataloni, la villa Devincenzi e la Cantina.
La prima, mitica “casa verde”, per noi ragazzi rappresentava la frontiera, l’ultimo fortino prima dell’ignoto. E mentre oggi le mareggiate la circondano completamente, gli anziani raccontavano che lì davanti, dove il mare ha eroso i terreni per più di 50 metri, si estendevano rigogliosi vigneti. La villa, l’attigua Cantina (con la famosa botte da 1000 ettolitri) e il parco a mare ci ricordano il senatore Giuseppe Devincenzi, agronomo versatile, patriota e uomo politico, che operò unitamente a Silvio Spaventa, Camillo Benso conte di Cavour e Marco Minghetti, e fu più volte ministro durante il regno di Vittorio Emanuele II. Avendolo nominato, non posso adesso esimermi dal tracciare un sintetico profilo di questo poliedrico personaggio.


Giuseppe Devincenzi (1814-1903), nato a Notaresco in una famiglia borghese con vasti possedimenti dalla Marina di Montepagano alle colline teramane, studiò prima a Teramo e poi all’Università di Napoli. Seguì la scuola di lettere dello scrittore purista Basilio Puoti ed ebbe come compagni di studio Luigi Settembrini e Francesco De Sanctis. Attratto dall’Agronomia, intervenne ai Congressi scientifici di Milano e Napoli e fu chiamato a far parte dell’ Accademia delle Scienze.
Nel 1848, eletto deputato e Segretario del Parlamento napoletano, manifestò idee liberali e fu uno dei firmatari della protesta per lo sgombero forzato della sede istituzionale di Monteoliveto, durante i sanguinosi moti popolari del 15 e 16 maggio contro il re Ferdinando II di Borbone.
Condannato dalla Corte criminale a 24 anni di ferri duri, andò esule in Francia, e poi in Inghilterra, dove conobbe e frequentò tre grandi uomini politici menzionati nell’Enciclopedia Europea: William Ewart Gladstone, Henry John Temple Palmerston e John Russel .
Tornò in Patria dopo 12 anni e collaborò attivamente con Cavour all’impresa napoletana. Portò la Commissione Abruzzese ad Ancona da Vittorio Emanuele II e accompagnò il re all’incontro di Teano con Giuseppe Garibaldi, facendo gli onori di casa quando, il 16 ottobre 1860, il corteo reale passò sotto l’arco di trionfo eretto vicino alla sua villa. Successivamente, a Napoli, durante la Luogotenenza Farini, gli fu assegnato il dicastero dell’Agricoltura, e poi quello dei Lavori Pubblici.
Eletto deputato nel 1861, fu Ministro dei Lavori Pubblici nel 1867 e dal 1871 al 1873.
Nominato Colonnello dello Stato Maggiore di Vittorio Emanuele II e Commissario Generale per l’Italia all’Esposizione Internazionale di Londra nel 1862, fu in seguito il fondatore e patrono del Regio Museo Industriale Italiano di Torino, organizzò il trasferimento dello Stato Sabaudo da Firenze a Roma nel 1871 e diede un forte impulso alla viabilità ed alla bonifica delle zone paludose.
Da senatore, e poi da Ministro, iniziò a progettare una ferrovia che dalla Marina di Montepagano doveva raggiungere L’Aquila e Roma attraverso la vallata del Vomano, ma la netta opposizione di un altro parlamentare, Franceso Sebastiani di Montorio al Vomano, che era invece favorevole alla costruzione della Giulianova-Teramo-L’Aquila-Roma, lo indusse ad accantonare il suo progetto.
Di vasta cultura filosofica ed umanistica, la sua prima scienza fu però quella dei campi e scrisse diverse opere finalizzate al miglioramento dell’agricoltura. Politicamente Giuseppe Devincenzi si schierò con la Destra storica: seguace ed amico di Cavour e di Minghetti, ebbe come competitori nei Collegi di elezione il medico-patriota Ciro Romualdi e Giuseppe Garibaldi.
Nel 1873, in seguito ad un voto di sfiducia della Camera durante il dibattito sulla nuova linea ferrata Roma-Gaeta-Napoli, rassegnò le dimissioni da Ministro e si ritirò a vita privata, anche per seguire da vicino la nipote Maddalena, rimasta orfana nel 1872 dopo la morte del padre Giovanni, già sindaco di Notaresco e fratello del senatore.
Come agronomo, e facendo tesoro dell’esperienza acquisita in Francia ed Inghilterra, applicò nei suoi poderi l’aratura meccanica a forza idraulica, introdusse la coltura dell’erba sulla da sovescio, costruì le prime bigattiere per la bachicoltura e realizzò la Cantina (stabilimento enologico tipicamente francese) ed altre innovazioni che rivelano la sua genialità.

Dietro la villa Devincenzi, chiamata poi Mazzarosa in quanto la nipote sposò il marchese Antonio Mazzarosa di Lucca, fa ancora bella mostra di sé un altro importante cimelio, il casello ferroviario che fungeva da stazione per consentire al ministro un più facile e veloce collegamento con le sedi istituzionali e governative. E bene ha fatto il Comitato pro-Riserva Borsacchio, durante gli incontri per il “Piano d’area della media e bassa Valle del Tordino”, a chiedere il ripristino di quel casello.
C’è infatti un treno che sembra fatto apposta per fermarsi davanti a quella “stazione storica”: il Treno della Valle, colorato, allegro e vacanziero, che collega, nel periodo primavera-estate, l’Adriatico alla Valle del Sangro, e che porta turisti e scolaresche a visitare ed ammirare un campionario inestimabile di paesaggi abruzzesi (costieri, collinari, lacustri, boschivi e montani).
E una fermata nel cuore della Riserva naturale Borsacchio potrebbe rendere ancor più mirabile la stupenda vetrina inserita nel percorso ecoturistico.
Riguardo poi alle peculiarità del parco a mare Devincenzi, ridenominato anch’esso Mazzarosa e antesignano della Riserva naturale Borsacchio, così si è espresso il professor Giovanni Pacioni: “ E’ l’unico ambiente costiero della Regione Abruzzo con la serie di vegetazione psammofila, dalla duna pioniera ad un retroduna consolidato con preziosi endemismi vegetali, anche secolari, di Leccio (Quercus ilex) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis). All’interno della superficie non ancora devastata sono state rilevate ben cinque specie di notevole importanza fitogeografica per l’estrema rarefazione lungo la costa dell’intero Adriatico italiano: il “giglio di mare” (Pancratium maritimum), la splendida Calystegia soldanella, Polygonum maritimum, Verbascum niveum garganicum e Iris fetidissima. Tra gli animali presenti stabilmente si annoverano diversi mammiferi roditori ed insettivori e sono molti gli uccelli nidificanti, fra i quali il Fratino, protetto dalla Direttiva 79/409 dell’Unione Europea. Pur nelle ridotte dimensioni l’area rappresenta una importantissima riserva di biodiversità, unico ed ultimo rifugio per numerose specie vegetali, animali e fungine”.
In una ricerca commissionata dal Comune di Roseto al prof. Gianfranco Pirone, autore di oltre 50 lavori scientifici, le conclusioni sull’area Cologna-Borsacchio, riportate nel n. 1/2005 della prestigiosa rivista “Micologia e vegetazione mediterranea”, sono le seguenti: “Si sottolinea la presenza di elementi floristici di particolare importanza fitogeografica in relazione alla loro rarità e, tra i popolamenti vegetali, quelli meritevoli di attenzione sono: nucleo di pineta e viale di lecci a Villa Mazzarosa, frammenti di olmo-frassino e di pioppo bianco lungo il torrente Borsacchio, nuclei e filari di roverella della fascia collinare, vegetazione delle sabbie litoranee, ecc… Tutti questi ambienti dovrebbero essere scrupolosamente conservati, anche come serbatoi di germoplasma per futuri, auspicabili interventi di rinaturazione di alvei e altri habitat del territorio comunale”.

Depositati nella villa Mazzarosa dovrebbero esserci i verbali degli interventi di Giuseppe Devincenzi in Parlamento, i manoscritti ed il carteggio intercorso con Puoti, De Sanctis, Settembrini, Spaventa, Gladstone, Cavour, Minghetti, ecc.., ma finora, tutte le richieste per prenderne visione sono state sempre eluse o respinte.
Tale ingiustificabile comportamento, specie a distanza di oltre 100 anni dalla morte del Senatore, chiama in causa le Amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo, in quanto non hanno mai usato la moral suasion per indurre gli eredi Mazzarosa, che tutto hanno avuto e nulla hanno dato, a mettere a disposizione degli studiosi la documentazione d’interesse pubblico.
Ed è naturale che anche altre fonti battano sullo stesso tasto, come Mario Giunco il 5.12.2009 su Eidos e Arnaldo Giunco che, su Piccola Città n. 10/2000, auspicava per “la consultazione e lo studio dei manoscritti e del voluminoso carteggio, tuttora inesplorato,…..la creazione di una fondazione che rechi il nome del Senatore Devincenzi per perpetuarne il ricordo, com’è nei voti di tutti”.
Spetta adesso ai Sindaci di Roseto e di Notaresco attuare interventi risolutivi al fine di far conoscere alla comunità teramana uno dei protagonisti della nascita e dell’infanzia di un’Italia libera e indivisibile. Riguardo poi alle responsabilità ambientali degli eredi Mazzarosa, e degli altri rami (Cenami, Mac Neil e Placidi), se ne parlerà, ampiamente, nel 6° capitolo .

Franco Sbrolla

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