Articolo di Francesco Alberoni che ci riporta ad una dimensione quasi persa: quella del rispetto per la nostra lingua. Da qui ne deriva che l´ampiezza del nostro linguaggio offre una maggiore disponibilitá dell´animo. Lo prepariamo, cioé, ad accogliere piú possibilitá che ci si presentano davanti ogni giorno. Maggior vocabolario, maggior libertá!
Grazie di cuore!
Luca
(fonte: Corriere della Sera del 09 maggio 2011)
La televisione, Internet, gli sms hanno ridotto il nostro vocabolario, ma ogni parola è un concetto, un'idea, un mondo. Ha un contenuto inconfondibile. Perdendola rinunciamo ad un frammento della nostra intelligenza e della nostra sensibilità. Non ci sono sinonimi. Prendiamo come esempio tre parole che spesso usiamo una per l'altra: modestia, riservatezza, umiltà.
La modestia è un modo d'essere che ha la sua essenza nel non voler essere superiore agli altri e nel non dare loro disturbo. Il modesto non si pone mete troppo elevate, non entra in competizione, non pretende di avere grandi riconoscimenti. Non si mette in mostra, non opprime, non si vanta. Evita tutto ciò che ha a che fare con la superbia, la presunzione, la vanità. È misurato in ogni cosa, nel parlare, nel vestire, anche nelle emozioni. Non ha passioni violente.
La persona riservata, taciturna, ha molte qualità della modestia. Parla poco, non si mette in mostra, non entra in competizione e, se ha delle passioni, non le fa trasparire. La sua essenza però è di chiudersi agli altri esseri umani. Non si interessa a loro e non vuole che loro si interessino a lei. Non parla di sé, non si confida, non cerca la confidenza e la simpatia degli altri. I motivi possono esser diversi: timidezza, diffidenza, aridità di cuore.
L'umiltà, invece, non è un modo stabile di essere. L'umiltà nasce dalla drammatica e totale consapevolezza che niente ha realmente valore oggettivo. Per questo possono essere umili i grandi uomini della storia, i grandi filosofi, i grandi scienziati. L'essenza dell'umiltà ce la indica Shakespeare quando nella sua ultima opera, La tempesta, Prospero (il mago che rappresenta Shakespeare stesso) spezza la bacchetta magica e dice la famosa frase: «Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni». Il potere, la fama e la gloria sono solo effimeri applausi degli uomini. È perciò vanità cercare elogi, onori, potere. Quando togli di mezzo il tuo ingombrante io, non ti interessano più i riconoscimenti e non ti ferisce più nemmeno l'ingiustizia che hai subito.
L'umiltà però non rende indifferenti. Anzi, lascia posto a tutto ciò che è virtuoso, purché non sia invadente, tronfio, arrogante. La persona umile può apprezzare l'abilita di un giocoliere, la gentilezza del barista che ti serve, il gioco di un bambino, il sorriso di una ragazza innamorata, la cura che l'insegnante mette nella sua lezione.
La modestia è un modo d'essere che ha la sua essenza nel non voler essere superiore agli altri e nel non dare loro disturbo. Il modesto non si pone mete troppo elevate, non entra in competizione, non pretende di avere grandi riconoscimenti. Non si mette in mostra, non opprime, non si vanta. Evita tutto ciò che ha a che fare con la superbia, la presunzione, la vanità. È misurato in ogni cosa, nel parlare, nel vestire, anche nelle emozioni. Non ha passioni violente.
La persona riservata, taciturna, ha molte qualità della modestia. Parla poco, non si mette in mostra, non entra in competizione e, se ha delle passioni, non le fa trasparire. La sua essenza però è di chiudersi agli altri esseri umani. Non si interessa a loro e non vuole che loro si interessino a lei. Non parla di sé, non si confida, non cerca la confidenza e la simpatia degli altri. I motivi possono esser diversi: timidezza, diffidenza, aridità di cuore.
L'umiltà, invece, non è un modo stabile di essere. L'umiltà nasce dalla drammatica e totale consapevolezza che niente ha realmente valore oggettivo. Per questo possono essere umili i grandi uomini della storia, i grandi filosofi, i grandi scienziati. L'essenza dell'umiltà ce la indica Shakespeare quando nella sua ultima opera, La tempesta, Prospero (il mago che rappresenta Shakespeare stesso) spezza la bacchetta magica e dice la famosa frase: «Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni». Il potere, la fama e la gloria sono solo effimeri applausi degli uomini. È perciò vanità cercare elogi, onori, potere. Quando togli di mezzo il tuo ingombrante io, non ti interessano più i riconoscimenti e non ti ferisce più nemmeno l'ingiustizia che hai subito.
L'umiltà però non rende indifferenti. Anzi, lascia posto a tutto ciò che è virtuoso, purché non sia invadente, tronfio, arrogante. La persona umile può apprezzare l'abilita di un giocoliere, la gentilezza del barista che ti serve, il gioco di un bambino, il sorriso di una ragazza innamorata, la cura che l'insegnante mette nella sua lezione.
Francesco Alberoni
Nessun commento:
Posta un commento