Ecco perché siamo in campagna elettorale permanente
Le democrazie anglosassoni durano secoli perché sono modellate sul Grande ciclo collettivo. Questo incomincia con un movimento collettivo in cui la gente, animata da ideali ed entusiasmo, si riunisce attorno ad uno o più leader carismatici e porta al potere una nuova classe politica. Essa si installa, si radica, si arricchisce, poi, a poco a poco, si irrigidisce. Nel frattempo, però, la società cambia, cambiano le generazioni, le tecnologie, i problemi, le abitudini, i bisogni, i gusti. E poiché la classe politica irrigidita non risponde a tutti questi mutamenti, crescono il disagio, l'insicurezza e il malcontento finché non esplode un altro movimento collettivo che porta al potere un altro leader e un'altra classe politica. Così ricomincia il ciclo. Gli americani hanno inventato un meccanismo elettorale in cui ogni quattro anni (più le elezioni di medio termine) possono rinnovare sia il presidente che la classe politica. Questo rende più rari e meno violenti i movimenti collettivi. Sono le elezioni che producono il rinnovamento.
Invece nei Paesi in cui, come in Italia, non ci sono scadenze elettorali obbligate per il leader e la classe politica, periodicamente il sistema politico va in crisi e solo i movimenti collettivi ne fanno emergere uno nuovo. Dopo il crollo del muro di Berlino (1989), la classe politica formata da Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli è stata annientata e al suo posto sono esplosi diversi movimenti fra cui Lega Nord e Forza Italia che, con alcuni alleati, hanno dato un'impronta bipolare alla Seconda Repubblica. Ma questa resta costituzionalmente parlamentare: sono i deputati e i senatori e non i cittadini alle elezioni a decidere il governo. Il politico sconfitto non aspetta certo quattro anni per tornare al potere, ci prova subito. Di conseguenza siamo in campagna elettorale permanente.
Oggi che le forze politiche emerse negli anni 90 si stanno logorando, il sistema politico sta per andare di nuovo in pezzi ed entreranno nuovamente in gioco i movimenti. Il processo è solo agli inizi e, questa volta, è incominciato a sinistra con i movimenti di Vendola, Grillo e Renzi. A destra continua ad essere forte la Lega che ha prodotto una classe politica giovane. A livello nazionale c'è stata la secessione dell'Udc e poi quella di Fini. Il Pdl continua ad avere molti seguaci e, per ora, non si vedono movimenti che esploderanno inesorabilmente nel momento in cui Berlusconi dovesse ritirarsi.
Francesco Alberoni
(fonte: Corriere della Sera del 15 novembre 2010)
(fonte: Corriere della Sera del 15 novembre 2010)
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