Tutti i politologi di scuola anglosassone sostengono che gli esseri umani si consorziano in base a un calcolo di costi-benefici. Quando agiscono spinti dalle passioni creano mostri politici. I grandi sociologi Pareto, Durkheim e Max Weber invece hanno messo in evidenza che anche le passioni hanno una forza costruttiva. Weber ci ha spiegato che il «capo carismatico» è amato dai suoi seguaci e unifica il gruppo con un messaggio di fede e di speranza. Sviluppando questo concetto io ho sostenuto che tutte le chiese, i partiti, i sindacati si formano nel crogiuolo emotivo dei movimenti collettivi da cui emergono insieme il gruppo e il capo.
Poi il movimento diventa istituzione. Nel caso della coppia Rousseau, De Rougemont, Sartre, Fromm e quasi tutti gli psicologi americani contemporanei diffidano dell’innamoramento, che considerano una illusione. Mentre Shakespeare, Stendhal, Manzoni, Jung, Roland Barthes ritengono che l'innamoramento crei un legame forte che può durare a lungo. Io nel libro «Innamoramento e amore» ho mostrato che si tratta dello stesso processo movimento-istituzione. Allora possiamo dire che nei movimenti collettivi i seguaci si innamorano del loro capo carismatico? In un certo senso sì, lo amano appassionatamente, lo idealizzano e alcuni sono perfino pronti a morire per lui. Pero è un amore a distanza, senza rapporto personale.
Per questo può durare più a lungo dell'innamoramento in cui, nel rapporto reale ci può essere una delusione, una incomprensione che lo incrina, lo fa finire. Ma sono solo i seguaci lontani che provano per il loro capo questo amore tenace e idealizzato. Quelli che gli stanno vicino gli trovano debolezze e difetti. Napoleone diceva che tutti i suoi marescialli erano convinti di essere più bravi di lui. Molti pensano di poter prendere il suo posto. Ma è una illusione. I milioni di seguaci lontani continuano ad amare solo il loro capo, gli perdonano tutti gli errori, perfino la sconfitta. I francesi si sarebbero tenuti Napoleone. Non l’hanno fatto solo perché gli inglesi lo hanno relegato a Sant’Elena.
Francesco Alberoni(Fonte: Corriere della Sera del 22 marzo 2010)
www.alberoni.it
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