Cercando di essere pro-attivi guardando al nostro futuro e alle generazioni che lo creeranno, credo che la paura chiave sia CORAGGIO. Per ottenere delle persone coraggiose si deve partire dai genitori che crescono le future donne e uomini (senza dimenticare gli insegnanti, i formatori, gli educatori, gli allenatori, etc.) e il post di oggi (LA 27a ORA) offre degli spunti utili a cui far riferimento.
Secondo Lenore Skenazy il vero danno che oggi i genitori possono fare ai loro figli è essere troppo apprensivi. Soffocarli con attenzioni e premure che non li rendono indipendenti e che intaccano la loro autostima.
Certo, non che la signora in questione sulla carta sia referenziatissima. Come ha spiegato qualche giorno fa nel suo post anche Maria Volpe, nel 2008, dopo aver fatto viaggiare da solo suo figlio di nove anni nella metropolitana di New York è stata definita la «peggior mamma d’America».
Eppure da allora, sono in molti ad essersi convertiti alla sua teoria, tanto che oggi è anche titolare di un programma tv in onda da sabato (alle 12.40) su Real Time (digitale, canale 31 e Sky, canali 124 e 125): Mamme che amano troppo.
Da lì, come dal suo sito, la Skenazy cerca di far capire che per i bimbi è indispensabile fare esperienze e che per questo vanno incoraggiati a uscire dall’ambiente iperprotettivo della famiglia.
Il risultato del troppo amore si tradurrebbe inevitabilmente in futuri adulti immaturi, incapaci di prendere decisioni e di essere autonomi. Errori fatti certo in buona fede da parte dei genitori, ma che non per questo meno gravi.
Come quelli che nella prima puntata del programma si vedono fare alla mamma di un bimbo di 10 anni che non può usare coltello e forchetta per il «pericolo» di ferirsi, non può andare in bicicletta per il «pericolo» di cadere e non può nemmeno farsi il bagnetto da solo perché «altrimenti non si laverebbe bene».
Ma pur comprendo la validità di certi insegnamenti viene il dubbio che non sempre per una mamma sia facile distinguere quando è il momento di fare un passo indietro.
Quando per aiutare il proprio bambino è meglio «non» fare qualcosa. Lo si capisce definitivamente assistendo al pianto addolorato della mamma piena di premure di quel bambino di 10 anni, che alla domanda sul perché delle sue azioni riesce solo a rispondere:
«Perché vorrei che restasse il mio piccolino ancora per un po’».
Capita anche a voi? É possibile per una mamma realizzare che le troppe attenzioni non aiutano i figli? E quale è il limite?
Chiara Maffioletti
Grazie di cuore!
Luca
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