Presa da THE FRONT PAGE del 12 dicembre 2011 e senza troppo allungare, ve la giro per la riflessione quotidiana.
Casualmente ho letto, la mattina del 2 dicembre u.s., in prima pagina sul Corriere della Sera, la lettera di un lettore che polemizza circa i nuovi provvedimenti sul pensionamento.
Avendo qualche idea diversa e stante nella posizione opposta del lettore, ho ritenuto opportuno scrivere, a mia volta, una e-mail al direttore, Ferruccio de Bortoli:
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Caro Direttore, a proposito della lettera del sig. Franco Castello, vorrei puntualizzare la mia situazione senza necessariamente polemizzare con il lettore, del quale condivido le osservazioni.
Sono un dipendente pubblico fannullone, classe 1941, che iniziò la carriera ministeriale il 15.10.1958 frequentando la Scuola Allievi Operai al Ministero Difesa.
Dopo 50 (cinquanta) anni di servizio ininterrotto, senza incenso e senza lode, ma con qualche merito, fu messo in pensione a 67 anni il 1° ottobre 2008.
Fosse dipeso da me avrei continuato volentieri fino a 70 anni, perchè il lavoro cui ero addetto consentiva le pubbliche relazioni in tutta Italia ed appagava la mia professionalità.
Il dramma è seguito alla valutazione dei contributi versati; a fronte dei 50 anni effettivi (non figurativi), ne sono stati conteggiati solo 40, a norma di legge, confermando come lo Stato, ladro nei confronti dei cittadini più fedeli, resta impotente contro chi lo frega spesso e volentieri.
Cordialmente
Angelo Libranti
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Naturalmente non ci fu nessuna pubblicazione e neanche un cenno di riscontro, al contrario di quando fece Vittorio Feltri ad agosto che, riguardo una diatriba sulle “baby pensioni”, pur non pubblicando una lettera di replica, mi scrisse personalmente.
Seguendo, in seguito, la rubrica “Lettere al Direttore” del Corsera ne trovo un’altra, in data 5 Dicembre, sullo stesso tono di quella del 2 Dicembre, al che riscrivo in tono polemico la e-mail sottostante:
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Caro Direttore,
leggo sul Corriere di oggi un altro piagnisteo, oltre quello del lettore Franco Castello (in prima pagine il 2 Dicembre u.s., perchè si trattava di uno scoop), anche quello dell’insegnante Salvatore Schillaci. Se a questo signore 36 anni di lavoro sembrano eccessivi, considerando pure tre mesi all’anno senza lavorare, ma pagato regolarmente dallo Stato, siamo proprio nella merda.
Non servono manovre e manovrine, deve cambiare la mentalità, ovvero l’approccio con il lavoro, che da noi è distorto ed egoistico, figlio diretto della cultura del 1968.
Concordo con Marchionne, per me ha fin troppa pazienza.
Posso capire le esigenze di ognuno (scrivono sempre per se, ignorando i colleghi) e la delusione dopo aver fatto “piani” per l’uso della liquidazione, ma non dovete considerarli come campioni della categoria evidenziando la loro posizione, che non è il metro esatto per illustrare la situazione.
Mi rendo conto che i miei trascorsi nella Pubblica Amministrazione non sono in linea con quelli delCorriere e non sono compatibili con il politically correct, attualmente in vigore, ma il più grande quotidiano d’Italia ha il dovere dell’informazione, rendendo edotti i lettori che non tutti i fannulloni sono come Castello e Schillaci; ci sono fannulloni come me e come quelli (operai ed impiegati) dell’Arsenale di Taranto e di Torre Annunziata, che hanno superato i 40 anni di contributi senza andare a piangere sulle spalle del Direttore del Corriere e che costituiscono l’altra faccia della stessa medaglia.
Resta risibile poi informare di aver subito, a distanza di 20 mesi, due interventi al cuore. Queste disgrazie dovrebbero restare nel privato e non mostrarle al pubblico come medaglie. Chi scrive fu sottoposto, nel 2005, ad operazione di adenocarcinoma alla prostata all’età di 63 anni e con 47 di contributi. Alla visita fiscale volevano mettermi in pensione per invalidità, chiesi di restare al lavoro perchè mi avrebbe aiutato a superare un momento doloroso della mia vita, invece di peggiorare la depressione oziando per casa.
Preciso come le mie vacanze siano sobrie e prive di visite alle Maldive; non frequento centri di benessere e non vado mai al ristorante, preferendo la buona cucina di casa. I sacrifici miei e della mia famiglia sono simili a quelli di migliaia di italiani a reddito fisso e non sono una caratteristica della famiglia di Salvatore Schillaci che, comunque, rispetto nelle sue lamentele e aspirazioni. Ci tengo però, in questo ipotetico club dei babbei, a fare il presidente, ne ho i titoli.
Per concludere mi risulta che di lavoro non sia mai morto nessuno, tanto è vero che i giornalisti vanno in pensione molto tardi e godono ottima salute pur svolgendo compiti stressanti. Non so se ricorda Montanelli, oppure i gagliardi novantenni Bocca e Cervi, ma ce ne sono molti altri.
Non pretendo la pubblicazione, non mi interessa; gradirei almeno un cenno di riscontro per rispetto verso i miei trascorsi e desidero che i signori di cui sopra fossero a conoscenza delle due lettere che ho inviato.
Autorizzo a segnalare la mia e-mail talbrini@alice.it
Angelo Libranti (Ministero della Difesa – matricola 417336)
Grazie di cuore!
Luca
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