L´articolo di oggi di Francesco Alberoni aiuta a distinguere piú accuratamente certi meccanismi mentali che sorgono nella testa di chi é in competizione. La competizione puó essere intesa in svariati campi ma, di questi tempi, quella a cui ci si riferisce é soprattutto quella politica. Come a livello nazionale, cosí a livello locale (la Roseto di Ginoble), i timori sono quelli di perdere il potere e allora la regola diventa "vinca sempre il piú potente" (ad ogni costo) invece che "vinca il migliore"!
Grazie di cuore!
Luca
(fonte: Corriere della Sera del 30 maggio 2011)
Il rischio è perdere il «pessimismo intelligente»
È meglio essere audaci o prudenti, ottimisti o pessimisti? Ci dicono che la fortuna aiuta gli audaci. Ed è spesso vero. Tutti coloro che hanno compiuto imprese importanti hanno dovuto affrontare coraggiosamente rischi e difficoltà. Pensiamo alla celebre traversata dell'Atlantico di Lindbergh e ad alcune audacissime imprese belliche che hanno avuto successo come la beffa di Buccari o l'attacco dei «maiali» al porto di Alessandria. Tutte azioni audacissime che però sono state lungamente preparate e condotte con mezzi tecnici adeguati. Ma la fortuna non ti aiuta se ti butti all'assalto alla baionetta sotto il fuoco delle mitragliatrici nemiche perché hai quasi la certezza di venir ucciso.
Stesso discorso vale per l'ottimista e il pessimista. È certamente più facile che faccia buoni affari una persona ottimista che una pessimista. Perché sa cogliere le occasioni favorevoli mentre la seconda se le lascia sfuggire. Tutti i grandi imprenditori che ho conosciuto erano degli ottimisti però va anche detto che studiavano attentamente le tendenze del pubblico e facevano molte ricerche prima di iniziare la produzione di massa. C'è, in sostanza, un ottimismo vigilante e un ottimismo incosciente. Il giocatore esperto che ha fatto una vincita favolosa non butta il denaro che ha vinto illudendosi che il colpo di fortuna si ripeta.
Stesso discorso vale per l'ottimista e il pessimista. È certamente più facile che faccia buoni affari una persona ottimista che una pessimista. Perché sa cogliere le occasioni favorevoli mentre la seconda se le lascia sfuggire. Tutti i grandi imprenditori che ho conosciuto erano degli ottimisti però va anche detto che studiavano attentamente le tendenze del pubblico e facevano molte ricerche prima di iniziare la produzione di massa. C'è, in sostanza, un ottimismo vigilante e un ottimismo incosciente. Il giocatore esperto che ha fatto una vincita favolosa non butta il denaro che ha vinto illudendosi che il colpo di fortuna si ripeta.
Passando al pessimismo troviamo il pessimismo paralizzante di quando siamo depressi e vediamo solo ostacoli insuperabili. In questo caso non siamo prudenti, ma paralizzati dalla sfiducia. Non prendiamo la decisione più saggia e più prudente, ma quella che ci richiede meno energia e meno sforzo. C'è però anche il pessimismo intelligente della persona che non dà mai nulla per scontato, che tiene sempre presente la difficoltà dell'impresa, che non sottovaluta i suoi nemici, che calcola l'imprevisto. Plutarco ci parla del console Marcello che prese Siracusa ma perse la vita in una perlustrazione e di Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore, che logorò l'avversario e lo costrinse alla ritirata.
È questo pessimismo intelligente che viene meno in certe persone abituate ad avere molto potere e a vincere sempre, per cui finiscono per considerarsi invincibili. Come Napoleone quando non ha capito che doveva ritirarsi rapidamente da Mosca. Ma sono molti coloro che, di fronte ad una sconfitta inattesa, reagiscono in modo scomposto, con gesti improvvisati che, anziché aiutarli, li danneggiano.
Francesco Alberoni
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