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martedì 15 dicembre 2009

Perché nella lotta politica non c’è posto per i neutrali

Basta: dobbiamo puntare sul primato della cultura
«Il primato della politica». Quante volte l'ho sentito esaltare, soprat­tutto negli anni Settanta quando domi­nava il pensiero marxista. Per alcuni vo­leva dire che i gravi problemi richiedono sempre un intervento politico e quindi è dovere del cittadino democratico parteci­pare alla vita politica e prendere posizio­ne. Ma per i marxisti voleva dire che tut­te le loro attività, la scienza, la filosofia, la morale, la religione, l'arte, l'informa­zione devono essere giudicate solo in ba­se al loro effetto politico. La lotta politi­ca è una guerra fra il bene assoluto e il male assoluto. Bene è ciò che avvantag­gia il nostro partito, male ciò che raffor­za il nemico. Tutti i mezzi sono leciti per schiacciare l'avversario. Non c'è posto per i neutrali. Onorare, stimare, rispet­tare persone di valore che non militano nelle nostre file è sentimentalismo bor­ghese. Bisogna ignorarle, svalutarle, de­nigrarle.
Oggi sono pochi coloro che sostengono una tesi simile. Quasi tutti a parole con­dannano la politica come odio e scontro fra amici e nemici, però nella pratica quotidiana è quello che fanno. Qualcuno di più, qualcuno di meno, ma i professio­nisti della politica e i grandi poteri priva­ti o dello Stato sono tutti schierati come in battaglia. Perché essere ipocriti? I giornali, i telegiornali le rubriche di ap­profondimento — salvo eccezioni — so­no di parte, citano solo i fatti a loro favo­re, vi si sentono accuse feroci. Per cerca­re di essere obbiettivi dobbiamo compor­tarci come una giuria popolare che ascol­ta accusa e difesa e poi arriva alla sua conclusione. Ma l'urlio politico è così vio­lento, continuo e pervasivo, da generare una diffusa impressione di non vero.
Il primato della politica intossica an­cora la vita culturale italiana, i mezzi di comunicazione di massa, le università, la giustizia, impedisce la selezione dei migliori, distorce la nostra immagine in­ternazionale. Perché usiamo anche i gior­nali stranieri e i dibattiti europei per continuare la nostra opera di reciproca diffamazione. Non è affatto vero che un Paese ha i politici che si merita. La socie­tà italiana è più sana della sua classe po­litica e di potere. Stando in mezzo alla gente ti accorgi che ci sono persone col­te, informate, di grande equilibrio. È fra i politici che trovi più facilmente gente incolta, male informata, ignorante. Mol­ti non sanno parlare, non sanno scrive­re, hanno un vocabolario poverissimo. No per favore, basta col primato della politica, mettiamoci piuttosto il primato della cultura.


Francesco Alberoni
(Dal Corriere della Sera del 14 dic 09)

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